E’ possibile un matrimonio via skype?
Alla domanda ha cercato di rispondere la Cassazione, con sentenza n. 15343 del 25 luglio 2016, affrontando una vicenda molto interessante di due cittadini di nazionalità pakistana che contraevano matrimonio nel loro paese di origine, grazie all’ausilio di Skype, noto software di comunicazione via internet.
Infatti, in data (OMISSIS), la F. aveva prestato il proprio consenso al matrimonio per via telematica, alla presenza di due testimoni; lo sposo era presente alla celebrazione, officiata dall’autorita’ pakistana, ed erano presenti i suoi testimoni; l’assenza di un procuratore della sposa era superata dalla sua partecipazione diretta, in via telematica, alla celebrazione del matrimonio.
L’Ufficiale dello Stato civile del Comune di San Giovanni in Persiceto ha rifiutato la trascrizione dell’atto di matrimonio, celebrato da F.S. con M.Z.B., registrato il (OMISSIS) dall’autorita’ del Pakistan, in considerazione delle modalita’ di celebrazione (matrimonio via skype), in via telefonica o telematica, ritenute contrarie all’ordine pubblico, sul presupposto che costituisca principio fondamentale dell’ordinamento italiano, derogabile solo in casi del tutto eccezionali, la contestuale presenza dei nubendi dinanzi a colui che officia il matrimonio, anche al fine di assicurare la loro liberta’ nell’esprimere la volonta’ di sposarsi.
Gli sposi non ci stanno e presentano ricorso al Tribunale di Bologna, chiamando in causa il Ministero dell’Interno ed il Comune di San Giovanni in Persiceto. Secondo il Tribunale, il matrimonio celebrato via skype era valido secondo la legge pakistana e, quindi, anche per l’ordinamento italiano, in virtu’ del richiamo operato dalla L. n. 218 del 1995, art. 28, essendo stato celebrato secondo le modalita’ e nelle forme previste dalla legge pakistana.
La questione arriva ben presto in Cassazione la quale, confermando la sentenza, ha avuto modo altresì di affermare “che la forma matrimoniale descritta dall’art. 107 c.c., non e’ considerata inderogabile neppure dal legislatore italiano, il quale ammette la celebrazione inter absentes (art. 111 c.c.) in determinati casi, nei quali non puo’ ritenersi che siano inesistenti i requisiti minimi per la giuridica configurabilita’ del matrimonio medesimo, e cioe’ la manifestazione di una volonta’ matrimoniale da parte di due persone di sesso diverso, in presenza di un ufficiale celebrante (come, nella fattispecie in esame, l’autorita’ pakistana). Da ultimo, questa Corte si e’ espressa implicitamente in senso analogo, affermando il diritto al ricongiungimento familiare a coniugi pakistani che avevano celebrato il matrimonio in forma telefonica in presenza di testimoni (Cass. n. 20559 del 2006, in motiv.)”